Piero Dorazio

Roma, 29 giugno 1927 - Perugia, 18 maggio 2005

Piero Dorazio Comincia a disegnare e a dipingere giovanissimo, a Roma, dove completa gli studi classici e si dedica a quelli di architettura. Tra il 194546 incontra Perilli, Vespignani, Buratti, cioè i membri del «gruppo romano arte sociale» e con loro espone in mostre collettive a Roma in via Margutta, e a Milano alla Galleria della Spiga. Nel contempo incontra Severini e Prampolini, e con essi si interessa al futurismo. Ma Dorazio frequenta anche Turcato, Corpora, Consagra e Guttuso, artisti più maturi di lui e già tutti in polemica con il cosiddetto 900; con questi e con i rappresentanti della «Scuola Romana», l’artista condivide l'interesse per le esperienze avanzate dell'arte internazionale. Risalgono a questi anni le prime composizioni astratte.

 

Nel '47 Dorazio firma con Accardi, Attardi, Consagra, Perilli e Turcato il Manifesto del «Formalismo», che nasce dall'esigenza di contrapporre l'arte astratta al «neo concretismo purista» degli artisti lombardi. Con Guerrini, Maugeri, Perilli, Turcato e Consagra espone nello stesso anno all'Art Club e in quell'occasione Emilio Villa scrive di lui.

 

Nel '48 vince una borsa di studio e si trasferisce per un anno a Parigi dove espone con gli artisti di «Forma» alla III edizione del SaIon des Réalités NouvelIes. Intanto visita Belgio, Olanda, Austria e Monaco di Baviera; dipinge quadri quasi geometrici e nel '50, con Guerrini e Perilli, dà vita alla Galleria Age d'Or, una cooperativa di artisti creata per diffondere l'arte e la stampa internazionale d'avanguardia. Sperimentatore instancabile, Dorazio dipinge e collabora a riviste di arte e di architettura; lavora a una seria di quadri bianchi e ad esperimenti che vanno al di là della pittura: ricerche tridimensionali con linee e punti in rilievo.

 

Nel '52 con Burri, Colla, Conte, Mannucci, Matta, Prampolini e Perilli fonda il «Gruppo Origine» e pubblica la rivista «Arti Visive» e l'anno successivo si reca per la prima volta negli Stati Uniti, dove partecipa ad un seminario all'Università di Harvard. Questo primo soggiorno americano è molto importante per Dorazio. Conosce e sposa Virginia Dortch, pittrice e designer molto nota, assidua frequentatrice della Rose Fried Gallery di New York, da cui è praticamente partito il rilancio dei futuristi. In questa galleria l'artista tiene una personale con pitture e bassorilievi bianchi - le cartographies -, nel '55, dopo aver tenuto, l'anno precedente, la sua prima personale in senso assoluto alla Wittenborn OneWall Gallery di New York. Fin da questo suo primo soggiorno negli Stati Uniti la critica si occupa di lui, con la firma di una giornalista di Boston: Dorothy Adlow, nel '52. Ed è negli Stati Uniti che Dorazio vende i primi quadri, lasciando presupporre quindi che sia stato scoperto dagli americani ancor prima che dagli italiani.

 

Rientrato in Italia, nel '55 l'artista partecipa alla Triennale di Milano con un grande bassorilievo a colori; è il periodo in cui dipinge quadri dalle sottili bande di colore quasi trasparente che si sovrappongono, ed è anche il periodo nel quale una sua opera di medie dimensioni viene già quotata 100.000 lire.

 

Fino alla metà degli anni Cinquanta Dorazio non è legato ad alcun mercante, ma si appoggia via via alle gallerie in cui espone. Nel '55 entra in contatto con la famosa Galleria Springer di Berlino (dove esporrà nel '59) e nel '57 espone per la prima volta nella sua città natale, alla Galleria La Tartaruga. Durante questa mostra non vende nulla, ma Dorazio vende comunque alcuni suoi pezzi, specialmente a collezionisti, amici americani che frequentano la sua casa di Roma.

 

Nel ‘58, dopo aver dipinto quadri monocromi e altri in nerogrigioblu, in cui il colore è applicato a tratti, le opere di Dorazio gravitano intorno a una sorta di vuoto di immagine, in cui l'immagine emerge come risultato di strutture cromatiche sovrapposte: i famosi reticolati. La pittura di Dorazio dev’essere ambientata in spazi larghi, ad ampio respiro, inondati di luce, perché è «pittura solare». Alla XXX Biennale di Venezia nel '60, le opere sono invece sacrificate in spazi angusti e chi le veda in quell'occasione non può farsene un'idea sufficientemente soddisfacente. Osserva infatti Ballo che non si tratta di opere intimiste, segrete, collocabili in un angolo qualsiasi:­ sono dipinti spaziali che, come diceva il manifesto di «Forma 1», «debbono servire anche come complemento decorativo di una parete nuda».

 

Formazione: studia Architettura, esordendo come pittore nell’immediato dopoguerra con tele di ispirazione neocubista e futurista. Nel 1947 è tra i firmatari del manifesto Forma 1; partecipa inoltre al Mac e al Gruppo Origine.

 

Periodi e Soggetti: all’inizio degli anni Cinquanta apre a Roma con A. Perilli la galleria Age d’Or, centro degli astrattisti italiani. In questi anni svolge lavori monocromi con linee e punti in rilievo, accostabili all’Informale. Nel 1953 si trasferisce per un anno a New York, dove frequenta, tra gli altri, J. Cornell, M. Rothko, C. Twombly, W. De Kooning, F. Kline. Tornato in Italia, esegue un gruppo di sculture in plexiglass e una serie di tele caratterizzate da macchie di colore fortemente contrastanti. Al 1958 risalgono i primi reticoli di colore sovrapposti, stesi a pennellate lunghe e sottili. Successivamente sviluppa tale principio compositivo utilizzando colori puri che, distribuiti sulla tela in larghe fasce parallele, incrociate o sovrapposte, lasciano trasparire il tono di fondo, dando contemporaneamente una sensazione di unità e grande ampiezza cromatica. La sua ricerca sui rapporti tra luce e colore prosegue anche in una serie di collage degli anni Settanta.

 

Tecniche: olio, pastello, tempera, collage; grafica.