Intelligenza artficiale nell'arte: bisogna avere paura?
Credits: Rawpixels

Devo avere paura dell'intelligenza artificiale?

di Alberto Fiz

Le nuove tecnologie applicate all'arte contemporanea

Mentre dilaga il fenomeno dell’IA, sempre più artisti guardano alle nuove tecnologie per la loro capacità di interagire con stili e linguaggi.

E tra scienza e fantascienza lo spettatore diventa protagonista.

«Queste macchine hanno creato una loro intelligenza». Ad affermarlo nel 1996 è stato Piero Gilardi (1942-2023), l’artista che più di ogni altro ha saputo presagire l’attuale rivoluzione tecnologica. Sono passati quasi trent’anni dall’intuizione di Gilardi e oggi l’intelligenza artificiale, quel settore dell’informatica capace di competere con le facoltà cognitive umane, ha assunto un ruolo centrale nella realtà contemporanea. Eletta parola dell’anno nel 2023 dal Collins Dictionary, l’IA ha trovato applicazione in ogni campo, dalla medicina alla strategia militare, dalla scienza alla finanza. In ambito artistico l’IA offre l’opportunità di generare mondi prima inimmaginabili.
Ci troviamo di fronte a una nuova estetica che amplia le capacità espressive dell’artista, così come il ruolo dello spettatore non è più passivo ma parte integrante del processo. Sebbene, come hanno dimostrato gli NFT, il bluff sia sempre in agguato, questa volta la componente creativa appare assai più articolata nella fluida capacità di interagire con stili e linguaggi: «Il contenuto che deriva dall’intelligenza artificiale non fissa su un dispositivo una forma materiale definitiva, ma piuttosto un simulacro temporaneo del reale», afferma Chiara Canali, che insieme a Rebecca Pedrazzi e Davide Sarchioni ha curato nella sede di Palazzo Pigorini a Parma L’opera d’arte nell’epoca dell’intelligenza artificiale, la prima mostra sull’IA nell’arte italiana con la presenza di venti artisti.

Debora Hirsch, PLANT, 2024, C-print, IA e Adobe After Effects.
Debora Hirsch via IG
Debora Hirsch, PLANT, 2024, C-print, IA e Adobe After Effects.
Opportunità e rischi dell'Intelligenza Artificiale nell'arte

Da questa rassegna emerge con chiarezza come l’approccio degli autori digitali italiani sia assai più meditato rispetto a quanto avviene all’estero, con una riflessione che passa attra- verso il filtro della storia dell’arte. Andrea Crespi, per esempio, nella serie Ex human ricrea una serie di androidi e robot ispirandosi alle sculture neoclassiche adagiate in un contesto che sembra evocare l’Arte cinetica, mentre in Plantalia Debora Hirsch utilizza il processo tecnologico in chiave pittorica rivolgendo il proprio immaginario agli antichi erbari figurati, punto di partenza per registrare sulla blockchain tipologie di piante quasi estinte.

Andrea Crespi, Ex human, 2023, IA, stampa su alluminio e plexiglas
Andrea Crespi via IG
Andrea Crespi, Ex human, 2023, IA, stampa su alluminio e plexiglas

Anche Davide Maria Coltro, inventore nel 2002 del Quadro mediale, che prevede un processo continuo di modificazione (sino al 1° settembre il MAGA di Gallarate ospita la sua personale Astrazione mediale), propone una pittura elettronica integrata con IA dove le arborescenze danno vita a reti neurali, creando una connessione tra la componente umana e quella vegetale.

Segno e sogno sono le due dimensioni in cui si muove Giuliana Cunéaz, che sviluppa opere personalizzate consentendo a ciascuno di trovarsi di fronte al proprio inconscio; nell’installazione La belle au bois dormant è sufficiente sdraiarsi su un letto per vedere sul monitor posizionato in prossimità del baldacchino le proprie fantasie rielaborate dall’intelligenza artificiale.

Se Manuel Macadamia ci trasporta nel futuro distopico del 2084, anche Luca Pozzi propone un viaggio immersivo in realtà virtuale, dove scienza e fantascienza convivono. Nel Metaverso di Rosetta mission, un chiaro rimando alla celebre stele egizia, si accede a uno spazio cross-disciplinare reso possibile dai contributi di artisti, ecologisti e fisici, da Michelangelo Pistoletto a Carlo Rovelli, sino a Greta Thunberg.

Luca Pozzi, Rosetta mission, 2022, VR game engine.
Luca Pozzi via IG
Luca Pozzi, Rosetta mission, 2022, VR game engine.

Chiara Passa invece utilizza realtà aumentata e intelligenza artificiale attivabili sul proprio smartphone con il QR Code per introdurre lo spettatore nel suo Gold environment: qui appaiono oggetti dorati e microsculture con reminiscenze barocche che attraversano l’ambiente, alterandolo.

Chiara Passa, Gold environment, 2022, realtà aumentata con IA e dispositivo QR code.
Chiara Passa via IG
Chiara Passa, Gold environment, 2022, realtà aumentata con IA e dispositivo QR code.

Decisamente trasgressiva la coppia formata da Eva e Franco Mattes, che ha esposto di recente a Palazzo Cigola Fernaroli di Brescia, sede della galleria Apalazzo. La loro è un’indagine sui rischi prodotti dalle tecnologie, come dimostra l’opera Up next che narra la vicenda dell’influencer iraniana Sahar Tabar: attraverso trucco e photoshop, Tabar è diventata sui social una “Angelina Jolie zombie”, ma ciò che poteva apparire come uno scherzo condiviso dai follower si è trasformato in un incubo quando, nel 2020, la giovane ragazza è stata arrestata per blasfemia e depravazione.

EvaeFrancoMattes,particolarediUpnext,2023, stampa dell’installazione, 508 loop detected, 2024.
Eva e Franco Mattes via IG
Eva e Franco Mattes, particolare di Upnext,2023, stampa dell’installazione, 508 loop detected, 2024.

Sul fronte internazionale, è stato il turco Refik Anadol a utilizzare tra i primi l’intelligenza artificiale. Nel 2017 ha creato Archive dreaming, un’installazione immersiva realizzata con machine learning (algoritmi di apprendimento automatico) che ha preso in esame un milione e 700mila documenti. Da allora le sue Machine hallucinations, vere e proprie allucinazioni di forme e colori dove immense banche dati diventano l’occasione per fondere tecnologia, storia e architettura, hanno fatto il giro del mondo e una di queste è stata acquistata nel 2022 dal Moma di New York.

Nello stesso anno ha fatto il suo ingresso nella collezione del museo 3Face dell’americano Ian Cheng, che dal 2019 crea simulazioni digitali destinate ad auto-evolversi per mezzo dell’intelligenza artificiale generativa indipendentemente dal loro autore: «L’arte è dotata di un sistema nervoso», afferma Cheng, che ha fatto coincidere la sua ricerca con i videogiochi, strumento prezioso per comprendere la componente relazionale e interattiva delle nuove tecnologie.

Dopo Worldbuilding. Jeux vidéo et art à l’ère digitale, la rassegna proposta nei mesi scorsi al Centre Pompidou-Metz, il prossimo anno (13 febbraio-8 giugno) sarà il Mori Art Museum di Tokyo a ospitare una grande mostra su questo tema: Machine love: videogame, AI and contemporary art, cui partecipano tra gli altri il giapponese Ryotaro Sato, appena venticinquenne, la coreana Ayoung Kim, che utilizza i videogame per narrazioni insolite e complesse dove si mescolano problematiche di carattere geopolitico, storico e sociale, e la cinese Lu Yang. Quest’ultima esplora la reincarnazione digitale attraverso avatar supereroi che trascendono i limiti dei corpi fisici e ogni condizionamento relativo a sessualità, età o nazione giungendo a una sorta di elevazione spirituale.

Un altro appassionato di videogiochi è il canadese Jon Rafman che esplora gli effetti della tecnologia sulla psiche contemporanea e in Dream journal propone un avventuroso viaggio nell’Inferno di Dante dove s’incontrano immagini del deep web con riferimenti all’epica classica. Gli sfondi dei videogiochi compaiono anche nei film e nelle installazioni multimediali della cinese Cao Fei, che espone al Lenbachhaus di Monaco in una mostra emblematicamente intitolata Meta-mentary: si profila infatti una metarealtà attraversata da China Tracy, l’avatar dell’artista che incarna la giovane generazione cinese così integrata nella comunità virtuale da rischiare alienazione ed emarginazione sociale.
A esplorare i confini della realtà e della sua rappresentazione sono poi due noti protagonisti della contemporaneità, il francese Philippe Parreno e la tedesca Hito Steyerl, che attraverso l’impiego di un’ampia varietà di media e di strumenti tecnologici analizzano come l’immaginario contemporaneo digitale influisca sui nostri comportamenti e sulle nostre emozioni. L’aspetto pervasivo dell’intelligenza artificiale pone del resto una serie di questioni irrisolte all’interno di un sistema dove potrebbero cambiare le regole del gioco ben più di quanto è accaduto in precedenza. Ma come ci ricorda il sociologo israeliano Yuval Noah Harari, esistono due tipi di narrazioni pericolose: le fantasie nostalgiche e le utopie tecnologiche.

Questo approfondimento è tratto dal n. 609 di Arte. La rivista di arte, cultura e informazione è acquistabile in edicola o sul sito di Cairo Editore.

Cover Arte Maggio 2024
Cairo Editore
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