ARTEFIERA Bologna
La signora delle fiere italiane
Qualità e ricerca, le risorse del made in Italy: alla 46a edizione, la storica mostra mercato guarda al futuro dell’arte e del collezionismo, consolidando la tradizione.
Cordiale, espansiva, per nulla snob. Con qualche ruga di troppo. La signora delle fiere è giunta alla soglia dei cinquant’anni e non intende affatto nascondere la sua età. Intorno a lei è cresciuto il collezionismo italiano che ai tempi guardava con sospetto Lucio Fontana preferendogli di gran lunga Massimo Campigli e Arturo Tosi. Era stata appena superata la crisi petrolifera che Maurizio Mazzotti, un dirigente particolarmente illuminato, inventava Arte Fiera Bologna con l’appoggio di alcune gallerie della città tra cui De’ Foscherari e Forni. In quell’edizione, che si svolse dal 5 al 16 giugno 1974 nell’ambito della Fiera Campionaria, esponevano in dieci ma apparvero subito evidenti le potenzialità di quella formula che posizionava il capoluogo emiliano all’avanguardia. Allora in Europa esistevano solo altre due mostre-mercato di arte moderna contemporanea, a Colonia e a Basilea, nate rispettivamente nel 1967 e 1970. L’Italia era molto allettante soprattutto per le gallerie newyorkesi e alla fine degli anni Settanta a Bologna hanno esposto Leo Castelli, Ileana Sonnabend, Sidney Janis e John Weber:
«Potrebbe apparire fantascienza», ricorda Silvia Evangelisti che dopo una lunga consulenza dal 2004 al 2012 ha diretto Arte Fiera, «ma quello nato nella città delle Due Torri era un modello che faceva scuola anche all’estero, nelle mostre-mercato che oggi ci sembrano irraggiungibili. A Bologna, per esempio, nel 1980 è nata la sezione Sistina per l’arte con un padiglione destinato a ospitare le opere fuori scala in base a una formula imitata successivamente da Unlimited di Art Basel. È stata poi la Fiera a finanziare, dal 1977 al 1982, le Settimane delle performance, iniziativa curata da Renato Barilli che ha coinvolto, tra gli altri, Marina Abramovic, Laurie Anderson, Fabio Mauri Luigi Ontani e Hermann Nitsch».
Durante il “regno” di Silvia Evangelisti Arte Fiera era ancora in testa alle preferenze dei galleristi italiani e stranieri nonostante la concorrenza della milanese Miart. Poi la situazione è radicalmente cambiata. In seguito a una serie di edizioni contrastate e al crescente appeal della kermesse meneghina, favorita nel 2015 dall’Expo, Bologna ha ridotto il suo raggio d’azione anche se, come dimostra Arte Fiera 2023 in programma dal 3 al 5 febbraio, rimane inalterato l’obiettivo di occupare una posizione di primo piano nell’ambito del mercato nazionale:
«In un sistema globalizzato, l’evento bolognese con i suoi 141 espositori rappresenta il luogo ideale per valorizzare il made in Italy. La manifestazione è in grado di monitorare con precisione l’arte, spesso ancora sottovalutata, del nostro Paese in un contesto che spazia da Giorgio de Chirico a Marinella Senatore, offrendo anche agli stranieri un palinsesto che altrove non possono trovare», spiega il direttore artistico Simone Menegoi, affiancato per la prima volta, con il ruolo di managing director, da Enea Righi, celebre collezionista bolognese che possiede oltre mille opere di artisti come Francis Alÿs, Mona Hatoum, Kiki Smith, Roni Horn, Marlene Dumas, Mario Schifano e Alighiero Boetti. A lui, per molti anni ai vertici di importanti gruppi aziendali del settore sanitario, è stato affidato il compito di migliorare i servizi della Fiera rendendola più elegante e ospitale (la ristorazione è gestita dallo chef Massimiliano Poggi) in modo che, come dicono i manuali del marketing, si possa provare una “visitor experience”.
Se il maquillage appare necessario, la caratteristica peculiare della manifestazione è quella di rappresentare un punto di riferimento per la piccola e media impresa e per una buona fetta della borghesia spesso invisibile, che non frequenta i salotti buoni, allergica a opening e serate vip: «È il mondo di mezzo lo zoccolo duro della kermesse, che ha un ampio consenso anche nell’Italia centro meridionale», spiega Righi, convinto che il riposizionamento debba passare attraverso la rinnovata fiducia di quel collezionismo diffuso, interessato più all’investimento che al glamour.
E a Bologna le opportunità di realizzare buoni affari non mancano in un contesto differenziato, dove, accanto ai classici, merita di essere seguito con attenzione il focus sulla pittura: 15 gallerie propongono a partire da 2-3 mila euro nuovi talenti di un genere tornato di grande attualità.