Massimo Campigli

Berlino, 4 luglio 1895 - Saint-Tropez, 31 maggio 1971

Formazione: pittore autodidatta, nel 1909 Massimo Campigli si trasferisce a Milano dove entra in contatto con gli ambienti dell’avanguardia futurista. Conosce Umberto Boccioni e Carlo Carrà e collabora alla rivista “Lacerba”. Nel 1919 è a Parigi come corrispondente del “Corriere della Sera”; nello stesso anno comincia a dipingere, influenzato dai principi di rigore formale sostenuti dal Manifesto Après Le Cubisme (1918) di Le Corbusier e Ozenfant.

 

Esordisce con opere in cui la figura umana è costruita sulla base di schemi geometrici, derivati da Picasso e Léger; successivamente recupera un plasticismo stilizzato e monumentale, in linea con i programmi di Novecento. Nel 1928 (anno del debutto alla Biennale di Venezia) è profondamente colpito dalla collezione etrusca del museo di Villa Giulia a Roma; rompe così il massiccio rigore delle opere precedenti a favore di una pittura dai toni smorzati e dalle forme schematiche e arcaicizzanti, distribuendo le figure in composizioni asimmetriche e ieratiche.

 

Nel 1933 sottoscrive il Manifesto della Pittura Murale di Sironi, realizzando, nel corso di questo decennio, numerosi affreschi.

 

Soggetti: tema delle sue opere è la figura femminile, rappresentata singola, a gruppi, in scene d’interni. Dal dopoguerra tali figure sono inserite in complesse strutture architettoniche, mentre negli anni Sessanta sono ridotte a segni di colore in una serie di lavori che sfiorano l’Astrattismo.