La Venere degli stracci, l'opera più famosa del maestro Michelangelo Pistoletto, si trova in diversi musei
Credits: Cairo Editore

Intervista al maestro Pistoletto

di Alberto Fiz

Le sue opere in mostra in tutta Italia

Michelangelo Pistoletto: a ormai quasi 90 anni di età il maestro di Biella espone in tutta Italia con 3 mostre e si racconta in questa intervista: dalla rivoluzione dei Quadri specchianti ai rapporti con la Pop art, fino alla genesi di una nuova società. 

"Gli specchi cominceranno a camminare". La profezia di Jorge Luis Borges sembra essersi avverata. Il Quadro specchiante, nato nel 1962, non è solo una delle creazioni più importanti del Dopoguerra, ma rappresenta un varco che ha aperto le strade dell’arte verso percorsi prima inimmaginabili. Nel 2023 Michelangelo Pistoletto compirà novant’anni e appare più attivo che mai. Sono ben tre le grandi mostre con tre progetti differenti che lo vedono protagonista da marzo 2023 a febbraio 2024 al Chiostro del Bramante di Roma, a Palazzo Reale di Milano e al Castello di Rivoli. In quest’intervista racconta quando ha detto no alla Pop art per diventare uno degli artefici dell’Arte povera. Il suo è un percorso lucido e coerente come pochi altri giunto sino alla “formula della creazione” che descrive nel suo ultimo libro (Cittadellarte Edizioni): dal Quadro specchiante alla genesi della nuova società simbolicamente rappresentata dal Terzo Paradiso.

Chi è Michelangelo Pistoletto? I suoi inizi.

Il 25 giugno 2023 compirà novant’anni. È tempo di bilanci. Chi è Michelangelo Pistoletto?

«Sono arrivato all’arte attraverso la ricerca della mia identità. Chi sono? Come sono? Qual è il mio ruolo? Queste domande hanno trovato una risposta nello specchio all’interno del quale è entrata la società e io stesso sono diventato l’autoritratto del mondo uscendo da una visione solipsistica e soggettiva. La sintesi di tutto ciò si trova nel mio libro iniziato ventidue anni fa e pubblicato in dicembre. Compiendo 31 passi giungo alla formula della creazione. Oggi so che vivo un solo istante dell’Universo, ma, essendo io stesso Universo, vivo tutti gli istanti dell’Universo in questo istante».

Qual è l’anno fondamentale per lo sviluppo del suo processo creativo?

«Il 1961, quando avviene la svolta che mi conduce ai Quadri specchianti. Dopo aver steso sulla tela un fondo nero e uno spesso strato di vernice trasparente mi sono accorto di potermi specchiare direttamente sulla tela. Ho visto il mio volto venirmi incontro, staccandosi nello spazio di un ambiente in cui tutto si muoveva. Ho avuto subito la consapevolezza di essere di fronte a un cambiamento epocale. La vita stessa si lasciava cogliere direttamente senza più la necessità di essere imitata o descritta. E l’opera d’arte entrava nella quarta dimensione, il tempo».

I Quadri specchianti sono stati presentati per la prima volta nel 1963 alla galleria Galatea di Torino dove aveva già esposto con i suoi dipinti nel 1960. Era uno spazio molto prestigioso che aveva organizzato mostre di Francis Bacon e Alberto Giacometti. Come vennero accolti i suoi nuovi lavori?

«Alcuni critici come Luigi Carluccio e Tommaso Trini si resero immediatamente conto che si trattava di un evento rivoluzionario. Ma chi rimase scandalizzato fu Mario Tazzoli, il proprietario della galleria. Un giorno andò a trovarlo Giovanni Agnelli, che in seguito diventerà mio collezionista, e gli confessò che si vergognava di esporre le mie opere. Io però non avevo alcun dubbio su ciò che stavo facendo e sapevo di trovarmi nel posto sbagliato. Così decisi di partire per Parigi dove il pittore Bepi Romagnoni mi segnalò l’apertura di una nuova galleria che proponeva le opere della Pop art. Era quella di Ileana Sonnabend. Vidi Ileana che non conoscevo; per combinazione avevo con me un piccolo Quadro specchiante. Glielo mostrai e rimase sbalordita. Poco dopo lei e Leo Castelli vennero a Torino e acquistarono dalla Galatea l’intera mostra. Da allora sono entrato a far parte della Pop art».

Due ragazzi alla fonte, una delle opere specchio, i "quadri specchianti" di Pistoletto
Pedro Ribeiro Simões su Flickr
Due ragazzi alla fonte, una delle opere specchio, i "quadri specchianti" di Pistoletto
Pistoletto, l'America, la Pop Art e la risposta dell'Arte Povera

«Ero l’unico italiano all’interno del movimento americano e già nel dicembre 1963 esponevo da Ileana Sonnabend a Parigi insieme a Rauschenberg, Lichtenstein, Dine, Johns, Warhol, Oldenburg e Segal. Nel 1964 poi Leo Castelli aveva venduto una mia opera al Moma di New York».

L’idillio però è durato poco.

«C’era uno straordinario interesse nei confronti del mio lavoro, ma io non volevo diventare un prodotto commerciale per gli americani. Non ero un marchio. Così, tra il dicembre 1965 e il gennaio 1966, ho realizzato gli Oggetti in meno, ciascuno diverso dall’altro, legati alla contingenza e alla temporalità. Castelli li vide e mi disse: “Tu così vuoi distruggerti. Per rimanere nel nostro gruppo devi produrre i Quadri specchianti e dimenticarti di essere europeo”. Ovviamente ho scelto la mia libertà. Con Leo ho chiuso ma non ho mai avuto alcun rimpianto».

Si potrebbe dunque leggere l’Arte povera, che nasce nel 1967, come la risposta italiana alla Pop art?

«Direi proprio di sì. Gli Oggetti in meno hanno anticipato l’Arte povera e la Venere degli stracci ne è stata un emblema. Ho dato un contributo essenziale al movimento fondato da Germano Celant».

Cos’ha rappresentato quest’esperienza?

«La conquista dell’essenziale. L’Arte povera non è minimale, ma radicale. Rappresenta la fase in cui il seme entra nella terra e inizia a germogliare».

 
La Venere degli stracci, l'opera più famosa del maestro Michelangelo Pistoletto, si trova in diversi musei
Cairo Editore
La Venere degli stracci, l'opera più famosa del maestro Michelangelo Pistoletto, si trova in diversi musei

L’arte è sempre stata per Pistoletto uno strumento per coinvolgere la società e incidere concretamente sui processi di sviluppo. Crede di esserci riuscito?

«Con il Terzo Paradiso sono sicuro di aver codificato una formula che consente di superare gli squilibri del nostro pianeta. Nello stesso tempo ho messo in atto una serie di azioni concrete. Basti pensare che nel mondo ci sono 230 Ambasciate del Terzo Paradiso-Cittadellarte, probabilmente più di quelle dello Stato italiano. Ognuna agisce con una propria strategia sui territori. Un altro esempio pratico è il riconoscimento da parte dell’Unesco di Biella Città Creativa, rappresentata dal simbolo del Terzo Paradiso. Quella legittimazione per il luogo dove sono nato e opero con Cittadellarte è stata poi l’occasione per attivare una nuova concezione urbana denominata “Città Arcipelago” che coinvolge 74 comuni della provincia».

Ha detto che l’arte, come tutti i settori, è animata da pochi campioni e da tanti gregari. Chi sono i bomber?

«Quelli che realizzano opere inaudite. Sicuramente Joseph Beuys e tra i contemporanei seguo con interesse l’attività di JR, in particolare i suoi interventi di arte pubblica che coinvolgono intere comunità».

Cosa lascia in eredità?

«Uno spazio vuoto dove si può produrre la creazione. Tutti possono fare parte di questo spazio non come spettatori ma come attori».

A novant’anni è sempre convinto di “morire giovane”?

«È evidente, più vado avanti, più morirò giovane».

Questo approfondimento è tratto dal n. 595 di Arte. La rivista di arte, cultura e informazione è acquistabile in edicola o sul sito di Cairo Editore.

Arte Marzo 2023
Arte
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