Il ruolo dell'esperto
La teoria dei "percorsi costruttivi" per analizzare un'operaia d'arte
Desidero sottolineare quanto sia importante e delicato affrontare l'esame di una analisi relativa a un’opera d’arte, attività questa in cui è facile cimentarsi, ma che pochi riescono a svolgere con seria capacità professionale.
Numerose sono le rubriche specializzate che vengono redatte su carta stampata, a mezzo di reti televisive e Internet, dove esperti o presunti tali evidenziano le proprie credenziali rispondendo spesso ai quesiti posti da collezionisti e amatori.
Nell’ambito del mercato dell’arte nonché nelle sedi giudiziarie troviamo sedicenti Fondazioni, Archivi, Comitati di amici di artisti defunti, eredi aventi diritto, con conflitti d’interesse e consulenti tecnici che a volte non dimostrano le capacità e l’esperienza necessarie per espletare tale delicato compito. Proprio in queste condizioni può verificarsi una autorizzata falsificazione, ove sostenuta dal mercato e difficile da sradicare. Non nascondo il disagio che provo quando esamino relazioni peritali completamente infondate, fuori da una logica utile alla soluzione delle problematiche poste per esempio nell’ambito del contenzioso giudiziario: frequente è l’attività peritale svolta da funzionari ministeriali, che vivono magari a contatto con capolavori, all’interno di strutture museali, ma non conoscono le dinamiche presenti nel mercato dell’arte. In relazione a tutto questo credo sia interessante parlare dell’attività peritale, come esercizio che richiede, da chi la intraprende, una profonda conoscenza delle materie specifiche e un innato intuito. Nessun metodo, nemmeno il più sofisticato, può sostituirsi alle doti naturali e all’esperienza personale. A volte anche l’abuso delle indagini scientifiche, che solo in alcuni casi possono collaborare all’analisi dell’opera, soprattutto per l’arte antica, nell’arte moderna e contemporanea maschera una incapacità peritale. Desidero in questa sede enunciare una teoria fondamentalmente pragmatica da applicare al riguardo: quella da me denominata dei “Percorsi costruttivi”. L’identificazione dell’opera è la chiave di lettura per comprendere la morfologia del manufatto ed è a volte la testimonianza dell'abilità distorta di falsari dotati spesso di grandi capacità, tanto da meritare una spregiudicata ammirazione.
Affrontando il tema specifico delle analisi nell’attività di consulente tecnico, pur prendendo in esame i fattori estetici di un’opera d’arte, si deve analizzare soprattutto la materia di cui la stessa è composta, perché da questo punto di vista è questa materia trasformata e plasmata dall’artista a far nascere l’opera d’arte. L’arte si può definire la materializzazione di una forma preconcepita: l’artista è il tramite provvidenziale dell’opera. La teoria dei “Percorsi costruttivi” è utile per l’applicazione delle operazioni peritali, dove all’esperto è richiesta almeno la conoscenza delle tecniche pittoriche. Ma quali sono il significato e l’essenza di questa tesi? A differenza del critico, che osserva soprattutto l’immagine e quindi il valore storico e culturale, quali caratteristiche dell’opera d’arte, l'esperto deve analizzare l’immagine che l’artista ha voluto rappresentare nella sua creatività, come sintesi globale di quel lavoro di trasformazione materiale che esiste, ma al profano non appare (l’opera d’arte per un esperto deve essere soprattutto materia). Il lavoro dell'artista, riferendoci a un dipinto, parte dall'esecuzione di bozze, velature, pennellate che si susseguono, manipolando la materia costituita in questo caso di colori a olio, acrilici, tempere o altro, e si sviluppa a strati fin quando l'artista è consapevole di aver terminato l’opera.
La teoria dei “Percorsi costruttivi” nasce dalla considerazione sopra esposta ed è in grado di accertare la precisa morfologia dell’opera d’arte come un proprio Dna. Questo sistema di analisi è utile per la verifica di autenticità riguardante qualsiasi opera od oggetto d’arte. Desidero sottolineare che l’opera falsa in sé e per sé non esiste, se non perché viene legata al rapporto psicologico viziato di chi vuole proporla come autentica, e quindi sotto l’aspetto giuridico vi è la responsabilità sia dell’autore materiale, sia del venditore del manufatto, consapevoli delle qualità intrinseche dell’opera e della finalità dolosa per cui è stata prodotta. Non sempre vi è un rapporto fra l’autore dell’opera non autentica e il consapevole venditore, perché spesso queste due figure agiscono autonomamente a distanza di tempo, e a volte con l’ausilio della figura di un esperto compiacente.
Per questi motivi trovo impropria la denominazione delle numerose mostre del “falso d’autore”, che oggi vanno tanto di moda, ma ne contraddicono lo stesso significato. Se io dichiaro l’opera che desidero commercializzare o promuovere come “falsa”, la conseguenza non solo giuridica è che la stessa non sia più tale: ma sarà solo una semplice e banale imitazione o copia. L’opera d’arte è “vera” nella misura in cui il suo aspetto reale o accidentale riflette la forma essenziale concepita nella mente dell’artista. Nell’opera originale, l’artista prima di produrla si sofferma sull’idea e sul progetto ideale che precederà l’opera stessa; in seguito, attraverso la preparazione del materiale necessario, lo sviluppo di bozze, di studi preparatori e infine il ricalco di un supporto definitivo, darà vita all’opera. L’idea come espressione della realtà vivente è l’unica forma cosciente che coglie il pensiero nei più vari aspetti. Nella concreta visualizzazione dell’idea nasce l’atto creativo e spesso l’opera d’arte. Questa strada non è intrapresa da colui che copia o imita: d’altronde impossibile percorrerla, perché poco nota o del tutto a lui sconosciuta. Infatti, per il falsario, il copiatore o l'imitatore, l’obiettivo è quello di raggiungere l’effetto estetico finale, che si vuole ottenere con la realizzazione del manufatto da un’opera originale, sia nel caso di riprodurre una copia, sia nel caso di eseguire una interpretazione o una imitazione della stessa (esempio: “un’opera tratta dal Guardi” o “imitazione di gusto settecentesco”). In questi casi non c’è nella costruzione la rapida fluida esecuzione dell’artista, il quale opera dietro l’impulso dell’idea originale; l’esecuzione del copiatore o imitatore si fonda su itinerari tecnici tesi al raggiungimento dei soli effetti estetici ed è quindi lontana dall’azione costruttiva immediata dell’artista, in assenza del rapporto tra creatività ed immaginazione. Sotto l’impulso delle idee, si verifica quella unità di forma e materia il cui risultato è la realizzazione di un’opera d’arte.
Su questa tesi l’esperto deve trovare la certezza delle soluzioni relative alla veridicità dell’opera, sostenuta dall'esperienza quale esercizio della pratica. Infatti l’esperto risulta a volte una figura culturalmente meno preparata. Faccio un esempio: il professor Tullio Giosi, massimo esperto di pittura napoletana dell’Ottocento, morto ultracentenario, non aveva ottenuto la licenza elementare, ma per la sua notevole esperienza, nata dai contatti con gli artisti dell’epoca a cui vendeva materiale artistico, riuscì a ottenere una capacità professionale di esperto indiscusso. All’opposto, abbiamo casi di eminenti critici d’arte e cattedratici di fama internazionale: per esempio Giulio Carlo Argan, quando intese operare nel campo delle analisi peritali, commise numerosi errori plateali, condizionato emotivamente dai ritrovamenti casuali di opere che venivano a lui proposte (vedi gli Arturo Martini trovati da Anticoli Corrado e le famose false sculture di Modigliani nella burla di giovani livornesi, in cui fu coinvolta anche la sovrintendente Durbè e altri dirigenti istituzionali). Sulle tecniche e ideologie dei falsari e sui metodi per scoprire i falsi, Federico Zeri ha pubblicato un interessante testo che unisce una cultura profonda a un intuito medianico. Infatti è dedicata ai falsi e ai falsari la quarta conversazione del libro Dietro l’immagine (Ed. Tea-Arte). La tesi di Zeri afferma che ogni falsario finisce per rappresentare la propria epoca e su questa linea un occhio esperto può individuare i segnali della falsificazione.
Racconta inoltre Kurz, in un libro famoso ristampato in Italia da poco (Falsi e falsari, Ed. Neri Pozza), che il grande falsario Alceo Dossena, quando si dedicò alla falsificazione della scultura arcaica, si trovò in difficoltà nel riprodurre il famoso ambiguo sorriso di quelle statue. Un antico manierismo gli oppose un ostacolo insuperabile. La teoria dei “Percorsi costruttivi” può contribuire a chiarire il ruolo dell’esperto attraverso la sua applicazione pratica nell’analizzare l’opera oltre l’immagine, dove si è formato il processo di trasformazione della materia, tesa a confermare il vero e l’autentico su qualsiasi opera che possa definirsi bene culturale.