Above the clouds, opera della grande artista americana Georgia O'Keeffe
Credits: Trevor Huxham su Flickr

Georgia O'Keeffe alla Fondation Beyeler di Basilea

di Alberto Fiz

Una grande mostra sull'artista icona dell'arte americana

A Basilea una grande retrospettiva su Georgia O'Keeffe, grande artista americana molto apprezzata in patria, che in Europa è arrivata invece solo pochi anni fa. La Fondation Beyeler le dedica una mostra in occasione dei festeggiamenti per i suoi 25 anni di attività: dipinti, bozzetti e fotografie provenienti da collezioni pubbliche e private per ripercorrere l'opera dell'artista pioniera dell'astrattismo americano.  

«I disegni della signorina O’Keeffe sono di un interesse notevole dal punto di vista psicoanalitico. Non ho mai visto una donna esprimersi così liberamente».

Talvolta basta una frase per condizionare un’intera carriera. Il giudizio pronunciato nel 1916 dal fotografo, gallerista e influente intellettuale Alfred Stieglitz sulla sua musa e futura moglie Georgia O’Keeffe (1887-1986) è tra quelli che non lasciano scampo. Per decenni il lavoro della grande artista americana è stato letto attraverso la lente psicoanalitica. E c’è da giurare che, com’è già accaduto nei mesi scorsi al Centre Pompidou di Parigi, tra le decine di migliaia di spettatori che, nonostante la pandemia, affolleranno la prima esaustiva retrospettiva svizzera di O’Keeffe alla Fondation Beyeler, saranno in molti quelli che andranno alla ricerca dei significati reconditi nascosti dai suoi fiori lussureggianti e carnosi. Quelle opere, secondo la pruriginosa vulgata freudiana, sono la rappresentazione simbolica degli organi genitali femminili, un’interpretazione che l’artista, con ironia, ha sempre rispedito al mittente: «Quando qualcuno trova simboli erotici nella mia pittura, sta parlando dei suoi problemi».

Ma non c’è dubbio che Stieglitz, il suo maggiore sostenitore, abbia per primo contribuito a diffondere un’immagine ambigua e conturbante della sua musa (si sposarono nel 1924 e tra di loro esiste una corrispondenza di oltre 25mila lettere) attraverso intriganti e audaci scatti fotografici. La femminilità presunta della sua opera era diventata un leitmotiv tanto che un critico di allora, Henry Tirrell, aveva scritto: «Ora, forse per la prima volta nella storia dell’arte, lo stile è donna». E nel 1927 il New York Times era arrivato a pubblicare un articolo in cui si affermava: «Georgia O’Keeffe rivela la donna come un essere elementare che soffre il dolore con un’estasi appassionata e gode dell’amore con gioia oltre il bene e il male». Insinuazioni persino razziste che non le impedirono di diventare un’icona e la prima donna a esporre nel 1942 in un solo show al Moma di New York, l’istituzione che tra personali e collettive presenterà le sue opere per ben 41 volte.

Anthurium, 1923, opera dell'artista americana Georgia O'Keeffe
Gandalf's Gallery su Flickr
Anthurium, 1923
Al di là degli stereotipi di genere

La sua ricerca appare un’assoluta novità nell’ambito di un’arte americana che ancora balbettava, soffocata da un realismo di maniera dove il solo a fare eccezione era Edward Hopper, in patria persino meno famoso di lei. Tra Picasso e Kandinskij, Georgia si schiera dalla parte del maestro russo ed è proprio "Lo spirituale nell’arte" uno dei suoi testi di riferimento. Per nulla attratta dal progresso, ciò che più l’affascina è ritrovare il contenuto interiore della forma e questo deriva da uno stile che prende le distanze dal razionalismo geometrico e che trova la propria ispirazione negli elementi della natura. Insieme a Kandinskij, la linea che persegue è quella di František Kupka, tra i protagonisti dell’orfismo, e di William Morris, il fondatore di Arts and Crafts, la costola inglese dell’Art Nouveau. Insomma O’Keeffe propone, nell’ambito del modernismo, un sogno americano del tutto personale che, come spiega Didier Ottinger nel catalogo della mostra alla Fondation Beyeler, va incontro a «paesaggi animati da una scintilla spirituale, lirica e per certi versi mitica».

My Autumn, opera del 1929 della grande artista americana Georgia O'Keefe
Gandalf's Gallery su Flickr
My Autumn, 1929

Sebbene O’Keeffe sia stata interpretata in maniera spesso approssimativa e distorta (è capitato anche a Frida Kahlo e tante altre artiste donne), il successo straordinario avuto in America (in Europa è arrivato solo con la retrospettiva del 2016 alla Tate Modern di Londra) è dovuto alla sua capacità di manipolare gli elementi sviluppando inediti punti di vista.

Lo testimoniano i suoi giganteschi fiori (ne ha dipinti oltre duecento a partire dal 1919) che occupano per intero lo spazio della tela come avviene per gli abiti o per la capigliature di Domenico Gnoli. Al contrario dell’artista italiano, tuttavia, O’Keeffe non crea zone di contemplazione metafisica, ma si avvicina all’oggetto sino quasi a farlo esplodere applicando un procedimento di carattere fotografico.

Non manca, poi, il desiderio di trovare un antidoto all’industrializzazione e alle città futuriste:

«Negli anni Venti, a New York, a volte gli enormi edifici sembravano sorgere dall’oggi al domani. In quel momento vidi un dipinto di Henri Fantin-Latour, una natura morta con fiori che trovavo molto bella, ma mi resi conto che se avessi dipinto gli stessi fiori così piccoli nessuno li avrebbe guardati. Quindi ho pensato di farli diventare grandi come quegli enormi edifici che stavano sorgendo».

Fiori come grattacieli in una pittura sensuale che non ostenta indifferenza o apatia, ma partecipa alla precarietà delle vicende umane.

 

The red maple at Lake George, 1926, opera dell'artista americana Georgia O'Keeffe
Gandalf's gallery su Flickr
The red maple at Lake George, 1926
La mostra di Basilea

Con cento dipinti, oltre a disegni e fotografie (purtroppo mancano alcuni capolavori degli anni Trenta), l'esposizione descrive con sensibilità lo stato emotivo di un’artista che sperimenta per tutta la vita sino alle ultime opere realizzate negli anni Settanta quando, novantenne, quasi cieca, si affaccia all’infinito con grandi campiture di cieli o di paesaggi visti dall’alto.

Divisa in otto sezioni, la rassegna ripercorre le tappe di un viaggio lungo quasi cent’anni che passa attraverso i canyon del Texas, le foreste della South Carolina e i deserti del New Mexico. In ciascuno di questi luoghi O’Keeffe ha lasciato tracce indelebili del suo passaggio descrivendo teschi, bucrani, rocce, villaggi, alberi e radici. È la natura come forma di eterna bellezza che si deposita sulla tela senza alcuna pretesa ideologica: «Nel deserto è più facile trovare ossa che fiori», diceva sorridendo a chi insinuava che il suo scopo fosse quello di confrontarsi con la morte. E per accontentare tutti nel 1935 realizzò il teschio sospeso di una testa d’ariete con accanto un fiore giallo e sullo sfondo una veduta del deserto pressoché astratta, dimostrando che le forme della natura s’inseguono nel passaggio da un elemento all’altro.

Basta saperle scovare abbandonando i pregiudizi:

«Gli uomini mi descrivono come la migliore pittrice donna ma io penso di essere tra i migliori pittori in assoluto».

Music pink and blue no.2, 1918, opera dell'artista americana Georgia O'Keeffe
Jerome Decq su Flickr
Music pink and blue no.2, 1918

Questo approfondimento è tratto dal n. 582 di Arte. La rivista di arte, cultura e informazione è acquistabile in edicola o qui.