Mario Merz

Milano, 1 gennaio 1925 - Torino, 9 novembre 2003

Formazione: tra i maggiori esponenti dell’Arte Povera, Mario Merz interrompe gli studi classici per dedicarsi, da autodidatta, alla pittura. Nel dopoguerra frequenta M. Moreni, P. Gallizio, E. Morlotti e L. Spazzapan, esordendo con opere astratto-concrete e informali.

 

Periodi e Soggetti: la svolta decisiva nel suo lavoro avviene nel 1965-66, quando abbandona la pittura e realizza insiemi di oggetti quotidiani eterogenei e costruzioni bidimensionali di tele trafitte da tubi di luce al neon. Il leit-motiv della sua ricerca, dal 1968 in poi, è “Igloo”, struttura emisferica costruita con intelaiature di metallo, coperta di argilla, tela cerata, ardesia, pezzi di vetro e rami, spesso sormontata da scritte al neon con slogan politici o citazioni letterarie. Dal 1969 ordina le sue installazioni secondo la formula della progressione logico-matematica della serie di Fibonacci (1.1.2,3,5,8...), esplicitata da numeri scritti col neon, che esprime l’idea della proliferazione e della crescita. A partire dal 1979 torna alla pittura facendo uso di lenzuola e tele non tese, lasciando che il colore venga assorbito dalla superficie in maniera casuale: i suoi soggetti sono soprattutto forme vegetali esotiche e animali selvaggi.

 

Tecniche: tradizionali fino al 1965; in seguito utilizzo di materiali e oggetti vari.