Michelangelo Pistoletto a Milano
A Palazzo Reale la mostra
A Palazzo Reale, il maestro dell’Arte povera che supera ogni intento utopico con la realizzazione del Terzo Paradiso.
La “pace preventiva” è un concetto difficile da immaginare, perché si presume che lo stato di pace sia quello normale, mentre quello di guerra e di “guerra preventiva”, orrenda e ipocrita giustificazione dei conflitti, costituisca la condizione eccezionale: invece, a ben vedere, il mantenimento della pace è un’azione tanto forte e sicuramente più difficile di quella per cui si scatena una guerra. Lo diceva già in un libro dallo stesso titolo Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, quasi vent’anni fa e ora questo strano paradosso linguistico è divenuto l’ennesima tappa del tour mondiale e ininterrotto di Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), attraverso Paesi e continenti, collegato all’idea di Terzo Paradiso, coniata ed elaborata dall’artista a partire dal 2003.
La mostra, a cura di Fortunato D’Amico, si snoda in quattro spazi espositivi milanesi (Palazzo Reale, Museo di Storia naturale, Planetario, Acquario civico), ma la parte principale è nella sontuosa Sala delle Cariatidi in Palazzo Reale, dove in un labirinto di fogli di cartone ondulato, sovrastati dalla monumentale struttura a tre cerchi del Terzo Paradiso, lo spettatore trova alcune delle opere più significative dell’artista, che in questo contesto assumono tutto il valore della previsione, se non della profezia: tutte infatti paiono in qualche modo legate da un filo rosso che dagli anni Sessanta arriva a oggi e alle formulazioni del Terzo Paradiso. Queste ultime partono dalla dualità degli opposti e contemporaneamente dal segno matematico “∞” (ovvero infinito), per arrivare all’unione degli opposti che creano armonia: nel video didascalico dell’artista che declama l’invenzione della formula e del simbolo gli esempi più efficaci sono i poli del naturale e dell’artificiale che, uniti, creano l’equilibrio più adatto alla vita dell’essere umano sulla terra (simboleggiato anche dalla sua scultura/mela, morsicata come nel logo della Apple, e“reintegrata”nella sua interezza naturale dall’artista) e, altro esempio, gli opposti io e tu, la cui unione crea il noi.
Se dunque tutta l’opera di Pistoletto tende finalisticamente alla maturazione del Terzo Paradiso, allora è comprensibile come il Metro cubo d’infinito o una versione pantografata della Venere degli stracci assumano significati mistici/ ecologici/inclusivi. Di più, per accentuare questo effetto, l’artista ha creato ambienti per così dire a significato indirizzato, come quando, esponendo il Metro cubo d’infinito, lo circonda di tutti i simboli religiosi mondiali, come la testa del Cristo, le Tavole della Legge, il loto buddista, la “preghiera” maomettana e un plinto senza nulla sopra (il dio sconosciuto di Socrate?): egli stesso, cioè, indirizza l’emozione e l’interpretazione del visitatore verso quelle caratteristiche antropologiche e persino politiche che costituiscono il suo campo d’indagine di oggi (se per “oggi”, in un artista che ha quasi settant’anni di attività alle spalle, consideriamo gli ultimi vent’anni...).
Ciò che dunque in questi tempi preme a Pistoletto – e lo scrive in tutti i suoi proclami, manifesti e libri – è il dialogo tra arte e politica in vista di una presa di coscienza definitiva dei problemi che affliggono l’umanità. Detto così, ha tutto il sapore dell’azione avanguardistica – tipo la “Ricostruzione futurista dell’universo”di Balla e Depero – che è consapevole dell’essenza utopica delle proprie affermazioni: tuttavia, l’azione di Pistoletto supera ogni intenzione utopica, proprio perché cerca di realizzare fisicamente ciò che afferma. In altre parole, l’istituzione Terzo Paradiso, con tutte le attività connesse, è una vera e propria organizzazione finalizzata all’azione, e sta dimostrando di funzionare, se non proprio nel mutamento delle coscienze dei popoli, certo nella diffusione planetaria del simbolo.
“Terzo Paradiso”è stato ovunque nel mondo, è capace di dialogare con la politica – a Cuba è aperto dal 2015 un workshop, con la benedizione di Raul Castro –, ottiene ascolto e disponibilità in ogni parte del Pianeta, e l’artista mette a disposizione il suo simbolo, con pochissime e blande clausole: nessun marchio di fabbrica, nessun logo finalizzato a un’idea ha avuto in epoca contemporanea lo stesso successo popolare e mediatico. Merito di un’intuizione geniale che ha trovato il giusto compromesso tra arte e pubblicità, tra complessità del mondo e semplicità visiva del simbolo, tra buone intenzioni e problemi ormai introiettati da gran parte degli abitanti dellaTerra.