Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam
Credits: Perottino, courtesy di Gam Torino

La scultura italiana del '900

di Armando Audoli

1940-80 alla Gam di Torino

Fino al 10 settembre, alla Gam di Torino "Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam" racconta il panorama dell'arte italiana dalla Seconda Guerra Mondiale fino agli anni'80. Un percorso che mostra i cambiamenti non solo dell'arte ma anche della società, degli artisti e della critica.

Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam
Perottino, courtesy di Gam Torino
Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam

È cosa nota che a ufficializzare l’agonia dell’arte plastica tradizionale, dichiarandone in modo teoreticamente compiuto lo stato di crisi, ci ha pensato Arturo Martini, con il suo pamphlet La scultura lingua morta, stampato nel maggio 1945 dalla Tipografia Emiliana di Venezia, in una tiratura di appena cinquanta copie. “Poesia, musica, architettura e pittura”, scriveva Martini, “si tradussero come le lingue antiche nei successivi volgari aderendo alla vita. Soltanto la scultura restò immobile nei secoli, lingua aulica e sacerdotale, simbolica scrittura incapace di svolgersi nei moti quotidiani. Per questo la statua mi è sempre apparsa come una lapide scritta in greco o in latino. [...] La scultura resta quello che è: lingua morta che non ha volgare né potrà mai essere parola spontanea tra gli uomini”. Così, facendo scoccare la scintilla di un suggestivo cortocircuito letterario tra le riflessioni martiniane e il romanzo Voyage au bout de la nuit (1932) di Louis-Ferdinand Céline, il direttore della Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino, Riccardo Passoni, ha inventato l’efficace formula Viaggio al termine della statuaria, titolo di un’imperdibile e meritoria mostra da lui stesso curata, allestita nel museo torinese fino al 10 settembre.

Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam
Perottino, courtesy di Gam Torino
Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam
Il percorso della mostra sulla scultura italiana alla Gam di Torino

Viaggio al termine della statuaria, certo, ma al tempo stesso viaggio verso la rinascita della scultura, nel Secondo dopoguerra, dopo i fasti solenni del ventennio littorio. Il percorso della mostra inizia proprio con il raffronto simbolicamente antitetico tra un classicheggiante Ritratto di Eva di Edoardo Rubino, marmo esposto in una sala personale alla Biennale di Venezia del 1942, e La pazza (1939) in bronzo di Sandro Cherchi, umile figura antiretorica e antimonumentale, espressionisticamente interiorizzata e laconica. Il modellato “instabile” di Cherchi – prossimo come Giuseppe Tarantino, Mirko Basaldella e Nino Franchina all’azione artistico-culturale milanese di Corrente, uno dei punti di riferimento dell’intellettualità antifascista – anticipa la sensibilità informale (al suo Nudo al sole del 1948 fa eco La donna al sole del 1965 di Leoncillo).

 

Contrappunti interni, rimandi sottili, assonanze... «Gli anni Quaranta e Cinquanta», aggiunge Passoni, «consentono un primo passaggio, molto faticoso, a una dimensione totalmente altra della scultura. In seguito arriva l’assemblaggio, questione non irrilevante che riguarda una dimensione internazionale: nostri artisti quali Franco Garelli ed Ettore Colla realizzano lavori eccezionali sul tema del recupero, sospesi tra dramma e ironia. Con gli anni Sessanta si tocca il motivo dei materiali plastici. Ho voluto introdurre un elemento di raccordo con Cherchi e Garelli, inserendo un Giocatore di football eseguito nel 1964 in poliestere e gelcoat da Riccardo Cordero, loro allievo, e da noi finora mai esposto».

Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam
Perottino, courtesy di Gam Torino
Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam
Occasione inconsueta

Assai rare e rarefatte sono infatti le occasioni di vedere mostre di sola scultura, soprattutto della seconda metà del Novecento e soprattutto in spazi istituzionali; dunque massima lode a Passoni, che ha voluto e concepito questa ricognizione all’interno delle collezioni della Gam, per indagare gli snodi della scultura italiana tra il 1940 e il 1980, attraverso quaranta artisti e cinquanta opere, alcune delle quali non si vedevano da decenni. Dicevamo che secondo Martini (presenza-assenza sottesa al ragionamento dell’esposizione) la statuaria classica, con il suo sviluppo millenario, ci avrebbe condizionato per sempre: «Un altro limite intrinseco al linguaggio plastico», osserva Passoni chiosando Martini, «è per esempio l’impossibilità di praticare la natura morta, che diventa quasi ridicola in scultura, sebbene poi Piero Gilardi, scomparso lo scorso marzo e cui rendiamo omaggio, dimostri che è possibile farlo anche ad alto livello; ma perché ciò avvenga dovranno cambiare le generazioni. Quest’idea della fine di un progetto plastico sembra un dramma: però in realtà, alla conclusione del dramma, si aprono mille possibilità».

Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam
Perottino, courtesy di Gam Torino
Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle collezioni Gam
Verso il postmoderno

Gli anni Cinquanta

Oltre alle rilevanti presenze di Agenore Fabbri, Consagra, Mascherini e Mastroianni, e oltre alle smaltate “donnine” di Fausto Melotti, quasi metafisiche, nella decade dei Cinquanta non mancano, naturalmente, capolavori del calibro di Miracolo (Olocausto) di Marino Marini o del grande Concetto spaziale metallico di Lucio Fontana, “testo” oltremodo influente sul piano linguistico, come attesta l’Oggetto ottico-cinetico (1964-65) di Dadamaino, invenzione che contraddice l’idea stessa di scultura, con le sue lamine di metallo concentriche dallo straniante effetto “optical”, qui immerse nella luce dei Frammenti di riflessione (1976) di Nanda Vigo.

Gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta

Negli anni Sessanta incontriamo ancora Uncini, Carmi, Lorenzetti, Fogliati, Carrino, Ceroli, Gallina e Piacentino. Dopo l’onda lunga “poverista” (pensiamo alle superstar Boetti, Anselmo, Zorio, Penone, Pistoletto) e alle soglie dell’eterogenea era postmoderna degli anni Ottanta (dove si incrociano Parmiggiani, Vettor Pisani, Giuseppe Spagnulo, Nanni Valentini, Paolo Icaro), filosoficamente agitata dalle vibrazioni del “pensiero debole”, l’estroso Luigi Mainolfi reinterpreta genialmente la monumentalità statuaria, con la spettacolare, rubente Campana in gesso e pigmenti. Allora forse eccedeva il paradossale Martini, quando sibilava: “Volume poi viene interpretato come voluminoso, peso come ponderoso: tanto da far credere che la mole dell’elefante sia traguardo di grande scultura”.