In bed, opera di Ron Mueck in mostra alla Triennale di Milano
Credits: Alexandre Van De Sande

Ron Mueck a Milano

di Licia Spagnesi

Alla Triennale la mostra evento di opere iper realistiche

Dopo lo scalpore della sua mostra alla Fondation Cartier di Parigi, l'artista australiano Ron Mueck arriva in Italia con una personale alla Triennale di Milano: 6 opere scultoree iperrealiste raccontano il suo percorso, lanciato quasi per caso dal grande collezionista Charles Saatchi nel 1997.

Sei opere.

È raro che un numero tanto esiguo di lavori lasci un’impressione così profonda e duratura in chi visita una mostra. Accade alla Triennale di Milano, che dal 5 dicembre al 10 marzo 2024 presenta la prima personale italiana dell’australiano Ron Mueck (Melbourne, 1958), organizzata in collaborazione con la Fondation Cartier di Parigi (che ne ha ospitato la prima tappa) e curata da Hervé Chandès e Chiara Agradi.

 

Riunire sei opere di Mueck è già di per sé un risultato eccezionale, se si considera che, in venticinque anni di attività, l’artista ha prodotto un corpus complessivo di 48 sculture, alcune delle quali sono talmente imponenti e complesse da aver richiesto non mesi, ma anni, per essere realizzate. Le sue opere sono tanto straordinarie quanto la sua biografia. Cresciuto in una famiglia di artigiani di giocattoli tedeschi emigrati in Australia, Ron nel 1986 si trasferisce a Londra dove crea pupazzi e marionette per film e tv (collabora tra gli altri con Jim Henson, il regista del Muppet Show, e recita nel film Labyrinth). Nel 1996 sua suocera, la pittrice Paula Rego, gli commissiona un Pinocchio (da utilizzare come modello) che poi decide di esporre accanto ai suoi quadri in una mostra alla Hayward Gallery di Londra. Folgorato, il collezionista e pubblicitario Charles Saatchi nel 1997 include Mueck in Sensation, la mostra-scandalo che lancia gli Young British Artists alla Royal Academy. Il successo è consacrato dall’invito alla Biennale di Venezia del 2001, dove il suo Boy (1999), un ragazzo di proporzioni gigantesche accovacciato sui talloni in una posa tipica dei cacciatori aborigeni australiani, è tra le opere più apprezzate.

Boy (1999)
Michael Edson su Flickr
Boy (1999)
MAXI O MINI

Maestro nella costruzione del perturbante, Mueck orchestra una tensione che al tempo stesso attrae e respinge. La strategia adottata è l’alterazione delle misure:

«Non ho mai fatto figure di dimensioni reali perché non mi è mai sembrato interessante. Incontriamo persone normali tutti i giorni», ha dichiarato.

 

Nelle sue opere, uomini, donne o bambini sono più grandi o più piccoli del reale e questo semplice espediente gli consente di stabilire tra la scultura e chi la osserva un legame intimo, di vicinanza e di distacco al tempo stesso. La cura minuziosa, ossessiva per ogni dettaglio crea un effetto straniante e fa sì che le persone ritratte sembrino vive, caratteristica peraltro comune alle opere degli iperrealisti come Duane Hanson o John de Andrea, ai quali è sovente accostato, nonostante la loro disincantata ironia gli sia estranea.

 

All’ingresso della mostra, al primo piano della Triennale, troviamo una figura colossale, una donna distesa sotto le lenzuola (In bed, 2005), la testa sostenuta da un enorme cuscino, lo sguardo perso lontano, una mano accostata al volto in atteggiamento pensoso. La resa mimetica è sorprendente: non solo i capelli, le sopracciglia, le ciglia, che l’artista ha inserito minuziosamente una a una, ma anche la carnagione, le efelidi sulle guance, perfino i pori della pelle sono riprodotti con una fedeltà impressionante. Infine le occhiaie profonde e quell’espressione tesa del viso: «Nonostante io spenda molto tempo sulla superficie, è la vita dentro che voglio catturare», dice l’artista che ci conduce dal piano fisico a quello psicologico, coinvolgendoci emotivamente, costringendoci a empatizzare con un altro essere umano.

In bed, 2005
Fernando de Sousa su Flickr
In bed, 2005

Dopo la monumentale In bed, ecco il piccolissimo Baby, 2000, il ritratto di un neonato appeso al muro quasi a evocare un crocifisso. Anche in questo caso il tema è la fragilità dell’esistenza umana, l’esperienze universale della nascita e della morte, la paura e la compassione. Nello spazio denominato Cubo, ci “immergiamo” nell’inquietante installazione Mass: l’atmosfera è sacrale, camminiamo tra montagne di teschi giganti (ciascuno misura 115x180x157 centimetri e pesa tra i 40 e i 45 chili), che evocano un ossario o forse una fossa comune. Il titolo, Mass, suggerisce l’artista, «in inglese indica la massa, la quantità, il cumulo, ma è anche la messa, una cerimonia religiosa». È la prima volta che questo memento mori, commissionato per la Triennale di Melbourne nel 2017, lascia la National Gallery of Victoria, dove solitamente dialoga con la pittura dell’Ottocento della collezione permanente. «Per studiare l’allestimento, che ripensa a seconda dello spazio espositivo, Mueck utilizza dei modellini in scala dei teschi, talmente piccoli da poterli conservare in contenitori per le uova. Il trasporto dell’installazione, invece, è avvenuto per mare», racconta Chiara Agradi.

Mass, National Gallery di Victoria, Australia
Bryan Jones su Flickr
Mass, National Gallery di Victoria, Australia
MINACCIA

La mostra prosegue con altri esempi del virtuosismo di Mueck, come la bizzarra Woman with sticks, 2009, una piccola figura femminile completamente nuda, che, il volto segnato dalla fatica, carica di bastoni e ramoscelli, è intenta in un’attività misteriosa. This little piggy, 2023, è invece un work in progress che getta luce sulla tecnica dell’artista, che di recente, sull’isola di Wight dove si è ritirato a vivere, ha cominciato a realizzare gruppi scultorei complessi. In Triennale, per la prima volta, presenta il modello in argilla di un lavoro che verrà poi realizzato in vetroresina e silicone e dipinto a mano: ispirato al romanzo Pig Earth di John Berger, ritrae cinque uomini impegnati nella macellazione di un maiale.

 

Il percorso si conclude con En garde (2023): tre cani giganteschi, neri come la notte. La loro figura stilizzata, lontana dall’iperrealismo delle altre opere, esprime potenza, aggressività, minaccia.

Custodiscono l’ingresso dell’Ade come il cane Cerbero?
Anche in questo caso, nulla sappiamo e tutto immaginiamo.

Woman with sticks, 2009
Lance su Flickr
Woman with sticks, 2009

Questo approfondimento è tratto dal n. 604 di Arte. La rivista di arte, cultura e informazione è acquistabile in edicola o sul sito di Cairo Editore

Cover arte dicembre 2023
Cairo Editore
Cover arte dicembre 2023