Il Centro Pompidou a Parigi
Credits: Jean-Pierr Dalbéra on Flickr

Arte e Design

di Fortunato D'Amico
Le scuole: Bauhaus e Ulm
Il consumatore italiano
Arte Povera
Design Radicale e futuribile
Il terzo millennio: sostenibilità e digitale

Dalla rivoluzione industriale a oggi

La storia del design attraverso le scuole e le correnti che l'hanno formata: una visione dai primi del '900 ad oggi. 

Bauhaus

La scuola di design più famosa di tutti i tempi è la Bauhaus, la cui eredità culturale rimane ancora oggi un grande patrimonio condiviso. Venne fondata nel 1919 a Weimar da Walter Gopius. Rimase attiva sino al 1933, poi fu costretta a chiudere a causa dell’avvento del nazismo. È certamente l’istituzione che più di tutte le altre ha condizionato lo sviluppo del design del secolo scorso, così anche di quello odierno. Abolì la decorazione tout court per un’estetica in cui la forma segue la funzione: i materiali non devono essere camuffati ma esaltati per le loro caratteristiche, arte e artigianato contribuiscono insieme a migliorare la produzione industriale.

Scuola di Ulm

Grazie alle sovvenzioni del Piano Marshall, nel 1953 viene fondata ad Amburgo la scuola di Ulm, un’importante istituzione che influenzerà, con le sue filosofie, i processi del design industriale. Diretta da Max Bill sino al 1956, in seguito a contrasti interni la direzione della scuola passerà a Tomás Maldonado e l'orientamento progettuale dell'istituto declinerà verso soluzioni di design funzionale e minimale. 

Il palazzo della Scuola di Bauhaus
Nate Robert on Flickr
Bauhaus
La ricostruzione

Dal Piano Marshall alle Università specializzate

Dal secondo dopoguerra anche il design italiano inizierà il suo percorso di espansione nei mercati internazionali. Ma già nei decenni precedenti gli artisti delle avanguardie avevano iniziato a costruire i prodromi di alcuni percorsi della nascente cultura del design, basti pensare al caso dei Futuristi. Le politiche industriali avviate dal Piano Marshall sotto la direzione degli Stati Uniti d'America dopo il conflitto bellico porteranno il Paese al miracolo economico, raggiunto già alla fine degli anni Cinquanta. Nel Nord Italia le industrie del “Triangolo”, Piemonte, Lombardia e Liguria, sono le più coinvolte nelle dinamiche di trasformazione produttiva che caratterizzeranno il Boom economico. La necessità delle aziende di assumere forza-lavoro intellettuale e preparata a gestire le logiche dei processi industriali, incrementerà l'offerta dei corsi specializzati nelle attività del design da parte degli istituti universitari. Milano e Torino daranno avvio a due scuole di progetto caratterizzate in funzione delle specifiche produzioni industriali presenti nelle due città. I designer di Milano, laureati nella facoltà di architettura, si specializzeranno nelle forniture e nei complementi di arredo, oltreché nella moda, mentre a Torino nel settore automobilistico.

La nascita del Consumatore

Nell'Italia della ricostruzione Corradino D’Ascanio, progettista di elicotteri, disegna uno scooter a cui dà il nome “Vespa”. Sarà un successo internazionale, ma anche l’avvio di una nuova fase della ricostruzione in cui l’Italia avrà un ruolo di rilievo nel design, grazie anche alle attività di industrie come la Fiat e l’Olivetti. Il generarsi della Guerra Fredda, in occidente, coincide con il fenomeno del consumismo. L'universo del design è un enorme contenitore di viaggi spaziali, automobili, televisioni, radio, telefoni, cartelloni pubblicitari, elettrodomestici, jukeboxes, musiche pop. Gli acquirenti e gli utenti di beni e servizi da adesso saranno i Consumatori.

La tecnologia delle valvole e dei transistor accompagnerà la nascita dell’International Style, ma anche l’emergere delle aziende italiane con i loro designer: Pinin Farina, Ettore Sottsass, Giò Ponti, Franco Albini, Marco Zanuso, Achille e Giacomo Castiglioni, Marcello Nizzoli, Gae Aulenti, Cini Boeri, Bruno Munari, Carlo Scarpa, Angelo Mangiarotti, Vico Magistretti. Negli anni Sessanta si assiste all’incremento del proselitismo dei consumi, al consolidamento della società di massa, all’espansione delle multinazionali petrolifere, alla larga diffusione della plastica “usa e getta”. L’uomo mette piede sulla Luna, la televisione è ormai entrata in tutte le case.

la Vespa, simbolo del design italiano degli anni del boom economico
Pxfuel
la Vespa, simbolo del design italiano degli anni del boom economico
Controcultura e Arte Povera, un’altra visione della società

Nelle strade e nelle piazze, la protesta contro la guerra nel Vietnam ha assunto dimensioni planetaria, ed è uno dei temi predominanti che infiammano le manifestazioni studentesche e i meeting universitari. È l’era dei festival pop, di Woodstock, della controcultura giovanile, dello sviluppo di una consapevolezza esistenziale che segna uno spartiacque con la cultura dei genitori, ritenuti colpevoli di aver sostenuto le ideologie del capitalismo americano, guerrafondaio e consumista.

Le differenze generazionali

La neonata cultura alternativa, ambientalista e psichedelica, sceglie di riciclare i vecchi oggetti invece di buttarli in discarica, di comprare a poco prezzo automobili usate e vestiti dismessi, di vivere una vita nomade e all’aria aperta, rifiutando quella sedentaria dentro gli uffici o il lavoro in fabbrica. La cultura alternativa sceglie di nutrirsi con cibo naturale rifiutando quello industriale promosso dalla pubblicità e in vendita nei supermercati. Una contrapposizione marcata nel modo di arredare la casa, nell’abbigliamento, nelle proposte musicali e nelle scelte di turismo alternativo con l’autostop. Anche designer e industriali si divideranno su queste posizioni, in Italia basti pensare al caso Olivetti.

L'Arte Povera

In Italia questo conflitto è ben rappresentato dall’esperienza dell’Arte Povera, promossa e teorizzata dal critico Germano Celant, in cui artisti quali Mario Merz, Giuseppe Penone, Gilberto Zorio, Piero Gilardi, Jannis Kounellis, Michelangelo Pistoletto ed altri rispondevano agli americanismi dalla Pop Art di Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Robert Indiana, che esaltava attraverso l’oggetto di consumo la società americana dello spreco. L’opera Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto rimane un pilastro fondamentale della storia dell’arte contemporanea, per chiunque voglia approfondire ed analizzare le risposte e i comportamenti degli artisti, dei designer, degli architetti, alla supremazia del modello di progresso proposto dagli Stati Uniti. Risposte a volte contraddittorie, valide lo stesso a decifrare una stagione eclettica di un mondo che, come dice Marshall McLuhan, è diventato un Villaggio Globale.

La Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto, uno dei simboli dell'Arte Povera
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Michelangelo Pistoletto, Venere degli Stracci, 1967

Utopia e poetica

Le visioni utopiche e psichedeliche delle nuove generazioni europee, cresciute dopo la guerra tra la fine degli anni Cinquanta e il decennio successivo, trovano a Londra una dimensione idonea alla nascita di una filosofia di vita più libera, nomade, disimpegnata dai vecchi modelli sociali, dove le macchine sono al servizio dell’umanità. A rappresentare scenari futuribili è il gruppo londinese degli Archigram, fondato da Peter Cook. Le loro provocazioni fantascientifiche verranno raccolte molto tardi da architetti e designer quali Norman Foster, Steven Holl, Future Systems. L’utopia e la poetica di Archigram raggiungeranno il loro apogeo con la costruzione a Parigi del Centre Pompidou nel 1971, realizzato da Renzo Piano e Richard Rogers.

Il Centro Pompidou a Parigi, opera di Renzo Piano e Richard Rogers
Jean-Pierr Dalbéra on Flickr
Il Centro Pompidou a Parigi, opera di Renzo Piano e Richard Rogers
Il ruolo di primo piano dell'Italia

In queste sperimentazioni un ruolo da protagonista spetterà anche all’Italia, da un lato grazie all’affermarsi di Renzo Piano a livello internazionale, dall’altro dovuto all’incremento della produzione industriale. L’Italia si assesta tra i sette Paesi più industrializzati del mondo. Ciò favorirà l’ingresso delle aziende e dei designer italiani nei mercati esteri. Sono diverse le anime e le linee di azione intraprese dal design italiano, animato sino agli inizi degli anni Ottanta da un dibattito culturale che sentirà la presenza delle dinamiche e dei movimenti che in quel momento attraversavano la cultura del mondo occidentale.

Architettura e Design Radicali

Tra le proposte alternative italiane anche quelle dell’Architettura Radicale, termine coniato da Germano Celant per definire un’area di sperimentazione poliedrica, in bilico fra utopia, arte, design, architettura, paesaggio. La ricerca era iniziata a metà degli anni Sessanta a Firenze con il gruppo Superstudio, fondato da Adolfo Natalini e Cristiano Toraldo di Francia, e poi quello degli Archizoom Associati, di Gianni Pettena e Lapo Binazzi. Questi introducono nella progettazione elementi irrazionali e una visione artistica totalizzante, critica nei confronti del design tradizionale. Le sperimentazioni proseguiranno negli anni Settanta in quell’area di soluzioni progettuali che va sotto il nome di Design Radicale, rappresentata da Ugo La Pietra, Gaetano Pesce, Franco Raggi, Riccardo Dalisi. Quest’ultimo introduce l’ipotesi di un design di folklore come elemento caratterizzante di una svolta più popolare nella produzione delle merci.

Un progetto architettonico di Superstudio
Trevor Patt on Flickr
Supersuperficie: New New York; Superstudio, 1970-72

L'ironia del Design Futuribile

A Milano, tra gli anni Sessanta e Settanta, Joe Colombo e Cesare Maria Casati elaborano forme inusuali, linee dinamiche e colori vivaci, per dare un volto aggiornato al design futuribile. È un design nutrito da un immaginario ispirato dal progresso tecnologico e dalle suggestioni sollecitate dai primi viaggi spaziali che allora riempivano le cronache della nascente televisione e degli altri media. La particolare propensione all’impiego di materiali innovativi, una modularità rigorosa, una poetica creativa accompagnata da una ludica e accattivante ironia, restituiscono una comunicazione iconica piacevole dei loro prodotti, assolutamente ideali a rappresentare lo spirito di quegli anni. Joe Colombo, artista diventato designer solo negli ultimi undici anni della sua breve vita, consegnerà alla storia alcuni pezzi diventati "cult" del design, come il Portable storage system, che oggi fa parte della collezione del Museum of Modern Art di New York, o la Poltrona Tube Chair, in esposizione nelle collezioni del Moma e del Metropolitan Museum of Art di New York.

La Tube Chair di Joe Colombo, esempio di design futuribile italiano, oggi nelle collezioni del MOMA e MET a New York
Wikicommons
Joe Colombo, Tube Chair

Cesare Maria Casati

Una sensibilità pop, bilanciata dall’indagine attenta ai processi produttivi e tecnologici e alle scoperte scientifiche innovative, anima il pensiero progettuale di Cesare Maria Casati. Una propensione che traspare nitida in tutti i suoi lavori di architettura, design, interior design. Tra le tante realizzazioni da segnalare la lampada Pelota, l’Uovo Orizzontale e Pillola, quest’ultima esposta nella collezione del Moma di New York. Cesare Maria Casati, che è stato allievo di Giò Ponti, è anche un affermato editorialista, divulgatore della cultura del design e dell’architettura internazionale, prima attraverso la rivista “Domus”, di cui è stato caporedattore e direttore sino al 1979, e in seguito con la rivista internazionale “l’Arca”, di cui ancora oggi cura la direzione.

Funzionalità, sentimento o comunicazione artistica?

Decisamente più estreme in senso artistico le scelte post-moderniste del gruppo Alchimia, fondato a Milano nel 1976 da Alessandro Mendini, di cui faranno parte Ettore Sottsass Jr., Michele De Lucchi, Andrea Branzi, Paola Navone, Trix & Robert Haussmann, U.F.O. La loro visione romantica nasce contro il positivismo progettuale per riformulare il sistema del design e anche ruolo del designer e della bellezza del prodotto, che non sta nella sua funzionalità ma invece si manifesta nel modo in cui esso viene proposto per dare vita a una dimensione magica con cui scoprire l’anima che si nasconde dentro l’oggetto. Un’esperienza che negli anni Ottanta prosegue con il Gruppo Memphis di Ettore Sottsass, a cui si uniranno Michele De Lucchi, Andrea Branzi, Michael Graves, Hans Hollein, Shirō Kuramata, Arata Isozaki, Javier Mariscal, Alessandro Mendini, Nathalie du Pasquier, George Sowden, e giovani designer come Aldo Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini, Stefano Giovannoni e Martine Bedin. L’intento di Memphis era quello di contrastare con uno stile aggressivo e coloratissimo il design minimale del decennio precedente. Intorno a questa idea ruotano anche le idee di altri designer, tra questi Cleto Munari e David Palterer, entrambi specializzati anche nel design dei vasi in vetri di Murano.

Chiamati da alcune aziende italiane a progettare il futuro degli anni Novanta, in particolare nel mondo degli interni, i designer stranieri Ron Arad, Philippe Starck, Ingo Maurer, assieme ad altri, si occuperanno di cambiare i paradigmi del decennio precedente. Assieme a questi i nomi di Antonio Citterio, Mario Bellini, Piero Lissoni. La tendenza del primo scorcio di millennio rimane quella di considerare l’oggetto di design una comunicazione “artistica”, ma destinata a un pubblico elitario.

Il design del Terzo Millennio

L'attenzione all'ambiente: il design sostenibile

Nel nuovo millennio l’ergonomia, l’ecologia, il riciclo incominciano ad essere temi di grande interesse per il design e il suo pubblico, lasciandosi dietro le problematiche dei designer del post-modernismo e iniziando un nuovo percorso più consapevole nei confronti dell’ambiente. Gli spazi ritornano a essere più sobri, e all'arredamento contemporaneo si affiancano ora anche pezzi di recupero o dismessi nel passato. Ezio Manzini, promotore del design sostenibile e del design strategico, vicepreside della Domus Academy negli anni Novanta e docente del Politecnico di Milano, contribuirà alla formazione culturale e progettuale dei giovani designer, orientata a includere gli scenari sociali e ambientali nell’ottica dell’innovazione tecnologica.

È dal 2010, dopo la Biennale di Architettura di Venezia, affiancata da alcuni eventi collaterali quali Culture-Nature, grande mostra del progetto interdisciplinare realizzata all’interno del Parco Thetis, e di alcuni locali dell’Arsenale, il tema della sostenibilità del cambiamento climatico viene messo per la prima volta in risalto. 

Un'opera scultorea all'interno del Parco Thetis in occasione della Biennale di Architettura di Venezia
Wikicommons
Danae, Resi Girardello

Design rivoluzionario: il progettare il digitale

Siamo ormai nell’era della rivoluzione del digitale, che favorirà lo sviluppo di un design rivolto alla progettazione di cellulari, computer e alla riorganizzazione degli spazi di lavoro e degli ambienti domestici in funzione della domotica, per migliorare la vita della casa, ma anche per contribuire a definire una nuova relazione fra tecnologia e l’ecosistema. L’ingresso del computer portatile e le prime connessioni alla rete web daranno un nuovo respiro, meno urlato rispetto a quello dei decenni precedenti, al design che incomincia una risalita verso il minimalismo e la pulizia formale.

La rivoluzione informatica e digitale apre al design ulteriori settori di operatività nell’ambito della tecnologia digitale, tra cui quelli relativi a Web Design, Graphic Design, Automotive Design, Innovation Design, sino al Society Design. È una svolta epocale, che attribuisce al design il compito di riprogettare tutti i sistemi attorno ai quali ruota la vita planetaria utilizzando le moderne tecnologie “soft” e “cloud”. Termini quali Città Intelligente, Smart City, Smart Vision, Smart Design, Smart Material, entrano lentamente nel vocabolario delle aziende e delle istituzioni e contaminano le diverse decisioni operative in ambito progettuale.

Torino e Milano: le città di riferimento

In Italia due città in particolare, Milano e Torino, istituiscono all’interno delle proprie istituzioni una specifica attenzione alle vicende del design contemporaneo. Tanto è vero che nel 2008 Torino sarà nominata Capitale Mondiale del Design e Milano, con il Salone del Mobile e il Fuori Salone, continuerà a promuovere in tutto il mondo il design delle forniture e dei complementi d'arredo. A Torino spetta indubbiamente il primato del settore automobilistico, grazie ai tanti marchi aziendali che in oltre cento anni hanno affiancato il lavoro di designer quali Bertone, Pininfarina, Giugiaro, Pio Manzù e altri che hanno reso le automobili più confortevoli e sicure, ma anche oggetti d’arte in rappresentanza dei valori del Ventesimo secolo.