L'angelo del focolare, opera di Max Ernst
Credits: Classicpaintings / Alamy Stock Photo © Max Ernst by SIAE 2022, Electa

Max Ernst conquista Milano

di Renato Diez
26.10.2022

Una grande mostra a Palazzo Reale

La prima retrospettiva in Italia sul maestro del Surrealismo, con una selezione di oltre 200 opere tra dipinti, sculture, incisioni, libri e gioielli.

Viaggio alla scoperta dell'inconscio

Le sue opere hanno il potere di stupire, spaventare e provocare lo spettatore. Max Ernst (1891-1976) credette per più di sessant’anni che la pittura fosse «un paesaggio della mente che deve portare alla luce i risultati di un viaggio alla scoperta dell’inconscio». Marcel Duchamp percepiva nei suoi dipinti «un inventario completo delle diverse epoche del Surrealismo», mentre secondo lo storico dell’arte André Chastel in quelle opere si trovava «una reincarnazione di quegli autori reniani di diavolerie tipo Bosch». Quel che è certo è che le sue opere rappresentano un’enciclopedia delle ansie del Novecento. Ora a Max Ernst è dedicata una retrospettiva, la prima in Italia, nelle sale del Palazzo Reale di Milano, con ottanta dipinti e più di trecento tra opere su carta, sculture, fotografie, gioielli, libri illustrati e documenti.

L'angelo del focolare
Classicpaintings / Alamy Stock Photo © Max Ernst by SIAE 2022, Electa
L'angelo del focolare, 1937
La vita da romanzo di Max Ernst

Max Ernst non ha uno stile immediatamente riconoscibile: è un enigma. Le sue immagini fantastiche e magiche, talvolta inquietanti, sempre sorprendenti, richiamano alla mente il De Chirico metafisico, scoperto nel 1919 sfogliando la rivista Valori Plastici e mai dimenticato. Era guidato dall’istinto e agiva in modo impulsivo: nel suo lavoro come nella vita privata voleva abbattere qualsiasi valore convenzionale, destabilizzando ogni tradizione e teorizzando la necessità di essere liberi da tutte le inibizioni. Nella Germania del Primo dopoguerra Ernst era stato con Jean Arp uno dei fondatori di Dada e aveva usato qualsiasi materiale gli capitasse per le mani per affermare le rivendicazioni di un’immaginazione che non doveva porsi alcun limite: «Noi giovani tornammo dalla guerra in uno stato di stupefazione per l’assurdità e la totale imbecillità di ciò che era accaduto per quattro anni. Dovevamo vendicarci in qualche modo della civiltà che era responsabile della guerra». Anche più tardi, nel gruppo dei Surrealisti guidato da André Breton, che agiva come un autocrate, Max Ernst restò sempre un irriducibile rinnegato che trovava insopportabile il concetto stesso di disciplina. Nel 1926, quando creò con Joan Miró le scenografie per Romeo e Giulietta, un balletto di Sergej Djagilev, lo scontro fu inevitabile: l’ostilità col fondatore del movimento continuò per quarant’anni, fino alla morte del rivale. Eppure nel 1922, poco più che trentenne, era arrivato a Parigi invitato proprio da Breton e dal poeta Paul Eluard, che scorgevano nelle sue opere l’incarnazione visiva dell’estetica surrealista. Lasciò alle sue spalle una moglie, Luise Straus, e un figlio di due anni, Jimmy. Preso in prestito il passaporto di Eluard, entrò in Francia come un clandestino qualunque, dando vita fino al 1924 a un disinvolto ménage à trois con il poeta e la moglie russa Gala, che dieci anni dopo sposerà Salvador Dalí. Nel corso di una vita tumultuosa Max Ernst sposò nel 1927 la giovanissima Marie-Berthe Aurenche, tra il 1937 e il 1939 visse con la pittrice Leonora Carrington, poi fu la volta di Peggy Guggenheim, sposata nel 1941, poco dopo il suo arrivo a New York, in fuga dal Nazismo. Un anno dopo s’innamorò di un’altra pittrice, Dorothea Tanning, e fu accusato di «turpitudine morale» per la sua vita privata spregiudicata. Si rifugiò a Sedona, tra le rosse montagne dell’Arizona, dove visse dieci anni lontano da tutto, ma i pettegolezzi cessarono solo nel 1946, quando i due si sposarono.

Oedipus Rex, 1922
© Max Ernst by SIAE 2022, Electa
Oedipus Rex, 1922
Mitologia privata

Partito dall’Espressionismo di August Macke e del Blaue Reiter, con cui espose giovanissimo nel 1913 nella Galerie der Sturm di Berlino, insieme a Klee, Chagall e ai futuristi italiani, realizzò poi nel periodo Dada una serie di collage dal soggetto allucinato. A Bonn, da ragazzo, insieme alle opere di Nietzsche e all’Interpretazione dei sogni di Freud, aveva studiato psicologia e si era appassionato all’arte e alla poesia degli psicopatici e dei malati mentali, che iniziavano proprio allora a essere indagate. Dopo aver aderito al Surrealismo, trasferì quelle esperienze giovanili, insieme alle memorie dell’infanzia, nella sua poetica per creare una mitologia privata con cui sperimentare le libere associazioni di ascendenza freudiana e quell’”occhio interiore” capace di percepire realtà invisibili. Tra i Surrealisti fu l’unico a fare riferimento agli oscuri eventi del periodo nazista e ai disastri della guerra: nel 1933, l’anno in cui Hitler prese il potere, aveva dipinto The petrified city, una città trasformata in pietra dopo una catastrofe non meglio identificata, una delle opere più lugubri della pittura moderna. Il Nazismo identificò presto Max Ernst, guidato da una straordinaria libertà di pensiero, come uno dei protagonisti dell’arte degenerata. Tornò in Europa nel 1953, e l’anno dopo gli venne assegnato il Gran Premio per la pittura alla Biennale di Venezia. Per altri vent’anni inventò nuovi modi per creare e combinare quelle sorprendenti immagini in cui il regno animale e quello vegetale si fondono in una notte senza fine.

La festa a Seillans, 1964
Georges Meguerditchian © Max Ernst by SIAE 2022, Electa
La festa a Seillans, 1964
Le elevate quotazioni delle opere di Max Ernst alle aste

Le opere di Max Ernst, di qualsiasi datazione e soggetto, hanno da tempo quotazioni molto elevate. Il record d’asta è stato stabilito da una scultura in bronzo del 1944, Le roi jouant avec le reine (cm 97,8), aggiudicata nel maggio 2016 da Sotheby’s New York a 14,4 milioni di euro. Uno dei nove esemplari di quest’opera, fusi a partire dal 1954, era stato venduto nel 2002 dalla stessa casa d’aste a 2,43 milioni di euro. Sono sedici i dipinti aggiudicati a più di 2 milioni di euro. Nel febbraio 2016 Christie’s Londra ha battuto a 10,1 milioni di euro The stolen mirror, del 1941, mentre nel marzo 2021 la stessa casa d’aste ha aggiudicato a 3,58 milioni di euro Cage, forêt et soleil noir, una grande tela del 1927 (cm 114,3x146).

Gli uomini non ne sapranno nulla, 1923
© Tate, London, 2022 © Max Ernst by SIAE 2022, Electa
Gli uomini non ne sapranno nulla, 1923
Informazioni per il pubblico

Max Ernst

Milano-Palazzo Reale

Dal 4 ottobre 2022 al 26 febbraio 2023

Per info e prenotazioni: https://www.palazzorealemilano.it/mostre/max-ernst 

Questo approfondimento è tratto dal n. 590 di Arte. La rivista di arte, cultura e informazione è acquistabile in edicola o qui.

Copertina Arte ottobre 2022
Arte
Copertina Arte ottobre 2022