Afro Basaldella

Udine, 4 marzo 1912 - Zurigo, 24 luglio 1976

Dopo aver studiato a Firenze, consegue la maturità artistica nel '31 e presenta per la prima volta nel '32 una serie di opere alla Galleria del Milione a Milano. Negli anni successivi esegue anche opere di decorazione a tempera, vincendo nel '36 il concorso per un pannello in una galleria di Udine: un’opera che si rivela vicina sì al '900, ma già carica di una sensibilità nuova, che viene considerata non consona al gusto dei tempi e quindi imbiancata. Nel '37 decora a Rodi il Grande Albergo delle Rose e proseguirà l’attività di decoratore negli anni della guerra, anche con cartoni per mosaici (come per il Palazzo dei ricevimenti all'E.U.R. nel 1941), continuando a dipingere nel frattempo tele con soggetti di nature morte, ritratti e paesaggi.

 

Sin dal ’36 la critica si accorge di lui, prima con Libero de Libero, che lo seguirà con una certa regolarità; quindi con Cesare Brandi nel '39, e più tardi con Zervos, il famoso mercante e letterato parigino che scriverà su di lui nel '50 sui «Cahiers d'Art». Ma chi soprattutto seguirà il lavoro di Afro è Lionello Venturi.

 

Nel '37 Afro si reca per la prima volta a Parigi entrando a più stretto contatto con la pittura «europea» più importante del momento, e restando soprattutto colpito dalle opere di Matisse e di Picasso. Ma in quegli anni Afro non ha mercato e vende pochissime opere a cifre irrisorie (2/300 lire di allora), e questa situazione si protrarrà fino agli anni '50.

 

La pittura di Afro viene infatti considerata «difficiIe» e si svincola dal gusto corrente. Il tipo di esposizione degli oggetti rientra in una concezione tradizionalista e soltanto le esperienze delle scuole romane alle quali si accosta verso gli anni '40, lo portano verso un dettato più espressionista che va per Afro verso una lenta e articolata liberazione dei piani e dei significati. L'esperienza decisiva avviene negli anni 194445 quando l'accentuazione espressionista si carica e precede un'analisi serrata del linguaggio picassiano.

 

Nel '4647 partecipa alla «Nuova Secessione» e quindi al «Fronte Nuovo delle Arti» avvicinandosi con opere di sottile stesura a un problema di articolazione astratta della superficie cromatica. Di questi anni sono il dipinto Natura morta - nella coll. A. Crespi - e Ritratto di Maria. La sua pittura presenta forme che si articolano sempre più in un piano geometrico, senza una strutturazione lineare, ma tendendo a recuperare i valori di trasparenze tonali e di luce già sperimentati negli anni della giovinezza.

 

Nel '49 incontra Catherine Viviano che inaugura la sua Galleria a New York con una mostra di «5 pittori italiani» alla quale viene invitato a partecipare. Allestisce la sua prima personale alla Viviano Gallery l’anno successivo e continua e esporvi regolarmente fino al '68. L'incontro con la Viviano è per Afro determinante, perché oltre a divenire la sua mercante contribuirà a farlo conoscere su un piano internazionale. Lo stesso Afro infatti si reca negli Stati Uniti, dove si avvicina all’ambiente culturale e ai collezionisti che faranno la sua fortuna (C. Viviano vende le prime opere di Afro nel '50 per 100.000 lire circa).

 

Nel '52 aderisce al «Gruppo degli Otto» promosso da L. Venturi che lo presenta alla Biennale di Venezia. Da una pittura di trasparenze Afro passa negli anni 195355 ad una poetica che può essere definita di lirismo emozionale, con un'accentuazione cromatica del motivo dominante come nell'insieme del quadro.

 

Sono gli anni in cui l'artista va affermandosi come uno dei pittori più significativi del dopoguerra in Italia e comincia ad attirare su di sé l'attenzione internazionale. Nel 195354 Catherine Viviano presenta l’artista al giovane collezionista americano Stanley Seeger Jr., il quale trova nelle sue opere l'autorità e l'eleganza ideali a stimolare il suo gusto. Il giovane Seeger comincia allora, con la guida della Viviano, a raccogliere le migliori opere prodotte da Afro risalendo fino a quelle del '40, e nel corso degli anni acquista tra le altre Sfinge (1948), Giardino d'infanzia (1951), Doppia Figura (1954), Uccello del Tuono (1957), e il monumentale studio per Il Giardino della Speranza, il grande affresco eseguito per la segreteria del Palazzo dell'UNESCO a Parigi nel '58.

 

Le quotazioni dell'artista intanto aumentano sensibilmente e negli anni '60 raggiungono i 18.000 dollari. È questo il momento piú alto raggiunto da Afro.

 

Negli anni '50-60 Afro tiene corsi presso università americane e si reca quasi annualmente a New York, fin quando non si accosta a Burri nel ’58 che lo introduce alla Marlborough. In questo periodo, l'opera di Gorky lo impressiona come simbolo della nuova vitalità dell'«action painting» americana, e ciò lo porterà a farsi molto più attento ai lavori della più giovane generazione di pittori, tra i quali Twombly e Novelli, che diverrà suo assistente all'Accademia di Roma, dove Afro insegna per diversi anni.

 

Formazione: primi approcci con la pittura ad olio con il maestro afroamericano Agostin Terry. Consegue il diploma presso l’Istituto superiore Alta Moda a Roma con il massimo dei voti; durante il percorso di studio ha modo di perfezionare l’uso di alcune tecniche pittoriche come acquerello, tempera piatta e disegno.

 

Soggetti: poetica paesaggistica predominante nelle tematiche dell’artista che raffigura formalmente o concettualmente elementi naturali a cui è affidato il compito di veicolare emozioni, ricordi e sogni. Talvolta surreale nelle visioni dei sogni, l’amore per la bellezza del creato è antidoto al disfacimento di una natura assoggettata alle leggi di mercato, coperchio al vaso di Pandora che lega la speranza alla dimensione umana. Sovente alberi si stagliano contro cieli immobili, come testimoni muti di presagi o custodi di fiorenti giardini, allegoria dell’uomo e della sua anima che osserva muta il mondo.

 

Tecniche: la tecnica a olio rappresenta per l’artista il momento più alto del linguaggio pittorico, la generosità del colore, la sua scorrevolezza sono come l’abbraccio materno, si danno completamente. Così gli odori misti di oli e trementina riportano alla memoria dell’artista, la luce dei pomeriggi d’estate tra le tele grezze e il vento lieve, le prime figure dipinte. Ma la sperimentazione è terreno da esplorare per ogni spirito curioso e desideroso di confronti e stimoli. Così l’astratto si fa strada con l’uso della carta manipolata, macerata e bruciata, infine resa dura come le stesse pietre che l’artista ama dipingere. La plastica che torna alla vita dal fuoco, come fenice, diviene fiore, pianta, ancora albero. Stucchi, gesso, acrilici, ciascuno assolve a una funzione, a ciascuno il compito di farsi portatore di un messaggio, ciascuno con le proprie caratteristiche intrinseche.

 

Hanno scritto dell’artista: Fragnoli, Le Pera, Panetti, Principe, Sprovieri, Vitiello.